venerdì 20 luglio 2007

A cena con Zero

Quanti darebbero chissà cosa per poterlo soltanto sfiorare. Figuriamoci poi per potergli stringere la mano. E quanti diavoli si arricchirrebbero per tutti coloro che vorrebbero parlargli.
Eppure con Renato c’è gente che riesce ad entrare in contatto senza problemi. Addirittura lo chiama tranquillamente al cellulare. Sì perché Renato, facendo la gavetta, con il passare del tempo ha cambiato il suo tenore di vita, ma sempre immutata è rimasta la sua fedeltà verso gli amici di un tempo.
«Nonostante la notorietà è rimasta sempre una persona molto disponibile. Ama sempre stare assieme ai vecchi amici. Tranne i momenti in cui si chiude in se stesso per comporre i suoi testi, gli piace sempre stare in mezzo alla gente». A parlare è Leonardo Starace, un tempo componente del servizio d’ordine di Renato Zero, coordinato da Carlo Di Giusto e Giampiero Fiacchini.
L'allora servizio d'ordine di Renato Zero

Nell'immagine, in basso il più a destra è Leonardo Starace. Mentre, partendo dall'alto, nella seconda fila, il più a destra è Carlo Di Giusto.



L’amicizia con Renato è nata nel 1979. Anche se artisticamente aveva cominciato a conoscerlo nel 1977, ai tempi di Zerofobia. Leonardo, classe 1960, è coetaneo e amico del fratello Giampiero. Da ragazzi giocavano insieme a pallone. È stato grazie a lui che ha conosciuto il cantante. Il modo in cui è entrato a far parte dello staff di Renato è casuale. Era il 1979, l’anno di Erozero, che conteneva, album che contiene anche la canzone Il carrozzone.
Leonardo, nato e vissuto a Testaccio, vide in giro manifesti del concerto che Renato Zero avrebbe tenuto nei pressi dello Stadio Olimpico. Così si recò a fare il biglietto. Ma nei quattro sportelli della biglietteria a forma di carrozzone non si trovava nessun tagliando. Così rimase male. Poi, tra gli spiragli della struttura vide Giampiero. Lo chiamò. E Leonardo riuscì ad entrare. Poi Giampiero stava facendo i conti per vedere se bastava il personale del servizio d’ordine. Si accorse che erano 14 e non 15. Così si aggiunse un altro elemento ai body guards di Renato. Il motivo della scelta è dovuto principalmente alla stazza di Leonardo. Per qualche chilo di troppo che aveva veniva paragonato ad Ollio, componente dello storico duo comico americano di cui faceva parte anche Stanlio.

Leonardo Starace con Renato Zero




Anche lui, come Carlo Di Giusto, ricorda episodi curiosi legati alle tournée con Renato. E non dimentica la storia dello schiaffo al fotografo a Milano. Un giornale riportava addirittura nella titolatura: “Il servizio d’ordine di Renato Zero: tutti picchiatori fascisti”.
Sempre a Milano ricorda che una volta, in un albergo nella zona Vigorelli, la notte i gorilla erano tutti in giro a fare le loro avventure sotto le lenzuola. Renato sentiva un trambusto. Così si alzò per andare a cercarli. Voleva loro bene come a una famiglia. Per lui erano tutti come dei fratelli.
Addirittura un anno, a Natale, voleva fare loro un regalo. All’inizio pensò di dare a ognuno di loro centomila lire. Ma poi pensò: “Se facessi così se li spenderebbero. E cosa rimarrebbe a loro?”. Così decise meglio di donare a ognuno di loro un triangolo d’oro con su scritto: “Renato Zero ti ama”.


Leonardo Starace con il triangolino d'oro regalato da Renato Zero



I rapporti professionali con Renato durarono sino al 1983, mentre pian piano Leonardo cercava di costruirsi la sua strada. Oggi ha un ristorante, sempre a Testaccio, in Via Galvani. Il nome rispecchia il soprannome del proprietario: “Da Oio a casa mia”.
Proprio qui Leonardo ha visto Renato l’ultima volta, in una sera a cena. Quella volta erano presenti tutti i componenti dell’allora servizio d’ordine. Insieme hanno mangiato e poi cantato al karaoke. Naturalmente non mancavano le canzoni preferite dai sorcini.
E Leonardo ha poi sentito di recente Renato, che lo ha invitato a passare qualche giorno alla sua residenza estiva.
Una testimonianza questa qui riportata di quanto l’artista romano creda fermamente nei valori dell’amicizia. E lo sottolinea anche in una sua celeberrima canzone con le parole: «Amico è bello, / amico è tutto è l'eternità... / E' quello che non passa mentre tutto va!»

sabato 7 luglio 2007

Negli zeri che nessuno sa

«Nella guerra dei numeri che speranze hanno i deboli». Queste parole sono tratte dalla canzone L’impossibile vivere. Sottolineano come vada avanti solo chi conta, chi ha delle capacità. Queste ultime possono essere economiche, sociali, fisiche, culturali. Eppure sulla faccia della terra esiste gente che ha bisogno di aiuto. Non può vivere senza ci sia nei suoi confronti l’amore del prossimo. E chi lo fa? Davvero tutti coloro che hanno la possibilità per poter venire incontro a questi poveracci fa qualcosa?
No, anzi…Esiste gente che pur di arricchirsi non esita a sfruttare chi si trova già in condizione di vita miserrime. Si arricchisce da parassita sulle spalle degli altri.
Questo per quanto riguarda coloro che vengono sfruttati.
Esiste poi gente che ha dei problemi fisici sin dalla nascita e non riesce a trovare un suo posto nel mondo senza l’intervento esterno di persone altruiste. In questo elenco possono essere inclusi i diversamente abili.
Però non tutto è perduto. C’è chi si ricorda del’esistenza di queste situazioni e non si risparmia in attenzioni e premure verso i più deboli.



Renato questo lo ha fatto sin dai primi ani in cui ancora cercava di segnare la sua strada. Basta guardare l’album Il trapezio per trovare la canzone Una sedia a ruote dove parla della situazione di chi è costretto su una sedia a rotelle.
Per non parlare poi, una volta diventato ricco e famoso di tutte le azioni di beneficienza da lui compiute – e su questo è difficile fare un calcolo considerando che anche lo stesso Renato è restìo a farsi pubblicità.
Al numero 104 di via Fonte Buono, alla Montagnola, c’era un ragazzo che oggi è l’allenatore della Santa Lucia Sport basket in carrozzina, gli attuali campioni d’Italia, e della Nazionale Italiana basket in carrozzina.
Si chiama Carlo Di Giusto, classe 1955. Considerata la differenza di età, da ragazzo aveva dei rapporti sporadici con Renato. Poi, però, una volta divenuto giovanotto, le loro frequentazioni sono diventate più numerose.
Negli anni Settanta, Carlo diventa ventenne e Renato diventa il protagonista degli show che si tenevano nell'allora tendone a strisce sulla Via Cristoforo Colombo. Carlo, assieme ad un altro gruppo di ragazzi che abitavano allora nella famosa palazzina di poliziotti di via Fonte Buono al 104, diventa il gruppo di servizio d'ordine che si occupava della sicurezza durante gli spettacoli di Renato. Carlo, soprannominato anche Carlone, Papà e Il Sindaco per la sua prestanza fisica e per la sua indole autoritaria, ne era il responsabile. Di questo gruppo ogni tanto faceva parte anche Giampiero, il fratello di Renato, allora giovanissimo.
Siamo in un periodo di tempo che va dalla metà degli anni Settanta agli inizi degli anni Ottanta. Allora Renato girava l'Italia con questo tendone. E per questi giovanotti, che accompagnando l'artista romano mettevano in pratica la professione dei loro padri - anche se nell'équipe c'erano anche altri ragazzi che risiedevano nella Montagnola -, era uno spasso. Ricevevano circa 20 mila lire al giorno. Però la soddisfazione più grande non era il compenso economico ma la possibilità di girare l'Italia, alloggiare in alberghi, mangiare ai ristoranti e, soprattutto, di conoscere belle ragazze.
L'avventura itinerante, poi, ad un certo punto è finita, perché i tour di Renato cominciarono ad essere più stabili ed occorreva gente che in fatto di sicurezza aveva una certa competenza, e che non fosse improvvisata al momento.
Ma sempre vivi e attuali sono i ricordi di allora. Zero è solo il nome d'arte di Renato. Tanti però sono gli episiodi curiosi legati ai tour. Qui di seguito se ne riportano tre, collegati a tre capoluoghi regionali italiani. Nell'ordine sono Milano, Torino e Bologna.
Partiamo dal cuore della Lombardia. Anni fa Renato ha tenuto un concerto alla pista di ciclismo Vigorelli di Milano. Quella sera accadde qualcosa di increscioso. Di fronte al palcoscenico c'era uno spazio vuoto, poi le transenne e il pubblico antistante. Per la calca, una ragazza svenne, e Carlo e i ragazzi del servizio d'ordine cercavano di tirarla fuori dalla mischia. Un fotografo lì appostato cominciò a riprodurre la scena in scatti. Carlo intervenne dicendo che non era il caso. Il paparazzo disse che non se ne parlava affatto, che era lì per fare il suo lavoro. Carlone non ci vide più e gli diede uno schiaffo. Successe uno scandalo, e il fatto finì sui giornali.
Non finisce qui, il bello deve ancora venire. Dopo lo spettacolo, tutti a mangiare al ristorante. Qui
incontrarono Lucio Dalla, che stava lì con degli amici. Entrando, rivolto a Renato, disse scherzando: «Che bella gente che hai intorno». E Carlo rispose: «Saranno belle le scimmiette che ti porti dietro te».
Spostiamoci adesso a Torino. Un anno Renato tenne qui una settimana di spettacoli. Era inverno e quella sera faceva freddo. Tutti si scaldavano alle canzoni dell'artista romano. Lì presente era anche un gruppo di punk. Questi cominciarono a dare fastidio. Renato, allora, ad un certo punto, come se niente fosse, con la massima tranquillità, interruppe la canzone, si rivolse a Carlo e disse: «Carlo, gentilmente accompagna i signori all'ingresso e, considerato che non gradisconio lo spettacolo, fa loro rimborsare il biglietto». Quella notte si trovavano lì molti poliziotti, carabinieri e finanzieri. Tutti sorcini. Come sentirono quelle parole, subito si alzarono e provvederono loro stessi a portare fuori quei giovani turbolenti.
Un'altra chicca vede protagonista Giampiero Fiacchini. Renato ha tenuto uno spettacolo allo stadio dall'Ara di Bologna. Alla fine, Carlo, Giampiero e i ragazzi del servizio d'ordine erano attorno al cantante per impedire che si avvicinassero i fan che volevano toccarlo da tutte le parti. Essere sorcino, si sa vuol dire non solo apprezzare e ripetere le canzoni di Renato Zero, ma anche imitarne lo stile di vita. All'epoca Giampiero vestiva come il fratello maggiore. Addirittura indossava i suoi stessi costumi, che con il tempo Renato aveva messo da parte. Anche quella sera. Dei carabinieri lo scambiarono per un fan. Così lo portarono via di peso. A quel punto è intervenuto Carlo che ha detto: «No, no fermi. È il fratello di Renato Zero».
Renato è il fratello maggiore di sangue solo e soltanto di Giampiero. Ma anche Carlo e gli altri ragazzi vedevano lui come una guida nella vita. Un monito che ripeteva sempre loro era: «Meglio un bel bicchiere di vino rosso, magari Chianti, che qualsiasi tipo di droga».
Giunti verso la fine, concludiamo come abbiamo cominciato. Renato, finiti i contatti di natura professionale, è rimasto sempre legato a Carlo. A Natale, per esempio, portava dei panettoni e dei regali agli ammalati dell'ospedale del Bambin Gesù e della Fondazione Santa Lucia. Anzi, proprio in quest'ultimo Istituto, che si trova in Via Ardeatina, vicino a via Fosso Buono, c'è stata la ripresa del video della canzone Nei giardini che nessuno sa, dove, alla fine del filmato, si vede l'immagine di una sedia a ruote che va avanti da sola.


E poi, Carlo ha visto Renato per l'ultima volta appena due o tre mesi fa, in un ristorante che si trova nella zona di Testaccio, dove una sera si sono qui incontrati amici che abitavano tutti nella zona della Montagnola. Addirittura qui ha ritrovato anche gente che lui non vedeva da più di dieci anni.
La definizione dello Zero per Renato è risaputa. Nei suoi testi non mancano riferimenti a questo numero per parlare di coloro che solo da una società che porta avanti la bandiera dell'apparenza dell'ipocrisia sono definiti "zeri".
Però, a conoscerli bene hanno molta energia, entusiasmo e amore da trasmettere. Perché, allora, uccidere la magia di queste persone? Solo perché dietro quella maschera di "zeri" cosa c'è nessuno sa?
I vostri commenti
Grazie ancora a Pasquale per continuare a farci conoscere tanti episodi della vita di Renato!!! Quanto ho riso sulle "scimmiette" di Dalla!!! Grazie, grazie, grazie...bell'articolo, profondo e che fa riflettere! Sarebbe proprio da conoscere, il sig. Carlo...ci darebbe una lezione di vita, ne sono certa!
pubblicato da Laura il 6 luglio 2007 alle ore 16:54

martedì 3 luglio 2007

Renato visto dall'Amico col cuore

Su Renato torna a parlare l'amico del cuore. E lo fa proprio con il cuore. In un'altra piacevole conversazione con Romolo sono uscite fuori altre novità riguardanti il cantante romano.
Gli spunti delle domande sono venuti dalla lettura dei testi delle sue canzoni. In un percorso lungo oltre trent'anni, iniziato nel 1973, Romolo parla di Renato Zero mettendo in evidenza molte peculiarità della sua personalità.
Le domande a lui proposte sono semplici ma dirette. Non seguono un ordine preciso negli argomenti. Sono così esposte per esigenze più che altro di curiosità da parte di chi le ha poste.
Un filo logico che qui si può trovare, però, è quello cronologico, partendo dall'album No!Mamma, no! del 1973 sino ad arrivare a Renatissimo del 2006.



RENATO E L’AMICO COL CUORE

di PASQUALE GEUSA

Ci parli della sua amicizia con Renato.
«L’amicizia con Renato era importante e lo è tuttora. La nostra amicizia era a livello fraterno, ci dicevamo tutto. Nella canzone Amico io mi riconosco soprattutto nel verso: «Io e te lo stesso pensiero». Mai litigato. Mai un diverbio. Ci si divertiva talmente tanto che non c’era tempo per pensare a discutere».

Come era la camera di Renato?
«La sua stanza era il suo regno. Era geloso di tutto e di tutti. Io ci sono entrato una volta sola. Era spaziosa circa 10-12 metri quadri. Entrando a destra si trovava un banco con un impianto stereo. A sinistra c’era lo stereo. Al centro lui con un paio di cuffie. La sua camera, a dispetto di quanti lo additano come trasgressivo e lascivo, era molto ordinata».

Ascoltava di più la musica italiana o la musica straniera?
«Ascoltava molta musica italiana. Però l’ispirazione gli veniva dalla musica straniera.
La sua musica non è stata imitata da nessun gruppo e da nessun singolo».

Parteggiava per i Beatles o per i Rolling Stones?
«Penso più per i Beatles».

Nel Sessantotto cosa contestava?
«Non ne ho idea. Noi contestavamo l’aborto, il divorzio…Lui non lo so».

Era un tipo che coglieva l’attimo?
«L’attimo cercava di coglierlo. Ma non l’ha fatto. Ha fatto la gavetta. L’ha colto dopo tanto tempo».

Stava con i piedi per terra?
«Alcune volte con i piedi per terra non ci stava. Però grazie a questo è riuscito a diventare quello».

Chi era la compagna di Renato nel 1974, l’ispiratrice della canzone Inventi?
«Giusy, una ragazza magrolina con un bel temperamento. Un bel carattere. Una gran simpatia».

Quando doveva fare una scelta era deciso o ci rifletteva su un po’?
«Era deciso. Ma non era istintivo. Ci pensava su un po’».

Considerata la profondità delle sue espressioni, quali erano le sue fonti di ispirazione?
«Ha imparato molto dalla gente che ha incontrato sui marciapiedi»

Spesso nelle sue canzoni ricorre il termine sgualdrina riferito alla donna? La pensava davvero così sul sesso femminile?
«No. Ha avuto sempre rispetto di tutte le persone. Piccoli, anziani. Ha sempre avuto molto rispetto per le persone anziane. Da ragazzino le aiutava a portare la spesa».

Quali le sue idee sul consumismo?
«Forse le vedeva come uno strumento di pagamento. C’è stato un periodo in cui lo chiamavano dappertutto».

Era un tipo che rischiava?
«Faceva l’autostop pure di notte. E a tutte le ore».

In che rapporti sta Renato con la solitudine?
«Ha riflettuto da solo ma fuori orario. Se gli toglievi la gente lo uccidevi. Girava tutti i negozi. Conosceva tutti».

Nella canzone Guai nei versi: «Guai!/A chi riesce ad ucciderti con un no.../Guai!/A chi ha deciso da sempre che non si può...», secondo lei si esprime di più Renato Fiacchini o Renato Zero?
«Renato Fiacchini».

C’erano dei posti o dei monumenti di Roma che lui nominava di frequente nei suoi discorsi?
«Piazza di Spagna».

Di solito cosa facevate nelle festività?
«Io le ho sempre passate con i miei. Certo la notte di San Silvestro, dopo la mezzanotte andavamo a ballare. Io frequentavo l’Angelo Azzurro un locale che tuttora si trova in via Cardinale Merry del Val. Andavo lì perché conoscevo l’allora proprietario. Ogni tanto veniva lì anche Renato».

Cosa rappresentavano per Renato il Sole e la Luna?
«Il Sole la luminosità, la carica, l’energia. La Luna il divertimento, forse, considerando che lui era un tipo che viveva la notte».

Nella canzone Il toro (1991) tramite le figure del toro e del torero sottolinea una sua visione al contrario dell’ipocrisia della società. Infatti, il torero prende i meriti sullo show del toro. Alla fine poi gli applausi sono per il torero e non per il toro che muore ammazzato. Ricorda qualche riferimento biografico in merito nella vita di Renato?
«Ha sempre avuto paura della morte. Questo potrebbe essere un’espressione della morte. Ma ne intravedo un altro: il periodo della gavetta. Lui, infatti, all’inizio era un po’ sfruttato».

Quali le caratteristiche fondamentali della donna di Renato Zero?
«L’allegria, la giovialità, l’apertura mentale. Ricordo che con Patrizia stavamo sempre a ridere. Come dicono le donne: “Cerco un uomo che mi faccia ridere”. Anche lui diceva “Cerco una donna che mi faccia ridere”».

Ricorda qualche episodio del Renato sensibile ed altruista?
«Il caffé lo pagava sempre lui. Quando stava alla tabaccheria regalava pure le sigarette agli amici».

Renato ha cantato anche alcuni testi in lingua straniera. Qual era la lingua straniera da lui preferita?
«Non aveva una lingua straniera preferita. Forse il francese perché più vicino all’italiano».

La trasgressività di Renato come si è evoluta nel tempo?
«È cambiata moltissimo. Se dicessi che è diventato più serio, direi una fesseria. L’ho incontrato tempo fa in Piazza Navona e indossava un cappellino dell’Aeronautica. È cambiato nel look ma non nella mentalità».

Chi erano i miti di Renato Zero?
«David Bowie».

domenica 24 giugno 2007

Renato e il fratello Giampiero

Dopo l'amico del cuore, ecco un'altra figura molto vicina a Renato: il fratello Giampiero. È dieci anni più piccolo di lui. Lo segue sempre nei concerti. Coordina le attività dell'associazione culturale Zenzero. Anche lui lascia la sua testimonianza nel rapporto con Renato.


Eccola riportata qui di seguito.


Buona lettura!

Renato e Giampiero

di PASQUALE GEUSA

«Una presenza che doveva essere il diavolo. Oggi, dove hanno spacciato la musica e la droga insieme, lui si è rivelato l’opposto».
Comincia così Giampiero Fiacchini, parlando del fratello Renato. Giampiero è l’ultimo dei cinque figli dei coniugi Fiacchini. È dieci anni più piccolo di Renato. Ricapitolando, i coniugi Domenico e Ada, hanno visto venire al mondo in quest’ordine i loro “bambini”: Maria Pia, Fiorella, Enza, Renato e Giampiero.
Tornado a Renato e Giampiero, considerati i due lustri di differenza tra di loro, il più piccolo non può ricordare pedissequamente le tappe della vita del più grande, e dice: «Quando lui ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo, io andavo ancora alla scuola elementare. Allora i miei unici interessi erano i compiti e il gioco del pallone. E poi lui tornava tardi la sera a casa, verso le due o le tre, e io a quell’ora dormivo». Sul vincolo fraterno che li lega: «Il rapporto con mio fratello è sano. Non ci sono in mezzo interessi di denaro. Queste cose fanno male a chi è subordinato a certi fattori. Ci vediamo tranquillamente quando i ritmi di lavoro lo consentono».


Il fratello maggiore è di esempio verso il minore. Così Renato per Giampiero. Quest’ultimo, in merito, racconta: «Io ho sempre apprezzato soprattutto quello che lui dà agli altri. Non in termini materiali, ma di sensazioni. Lo dimostra tutta la gente che lo ascolta nei concerti ed il calore che emana nei suoi confronti. Il fatto, poi, che alla fine dei concerti piangesse dimostra che è uno che va sino in fondo». Passando poi da Renato Zero, a parlare di Renato Fiacchini: «L’ho visto fare beneficenza: andare a trovare portatori di handicap, anziani, drogati… Io mio fratello lo stimo soprattutto per questo. Al di là dei rapporti familiari. Al di là della persona che ha successo. Chiunque abbia un minimo di sentimento non può non apprezzarlo per questo».
Sul rapporto tra vita pubblica e vita privata del cantante: «Vedo che vorrebbe essere una persona normale. È chiaro che non lo può essere. Non può andare in giro a fare shopping senza essere riconosciuto. Sono in tantissimi a fermarlo per strada. A volte, poi, per lo stress, manda qualcuno a quel paese».
Infine, per concludere, Giampiero fa un confronto tra il Renato prima del successo e il Renato che è diventato lo Zero nazionale: «Quando usciva di casa capivo che c’era una sorta di presa in giro, una sorta di ilarità. Poi da quando ha cominciato ad andare in televisione, le cose sono cambiate».

sabato 16 giugno 2007

Io e te lo stesso pensiero

«Amico è bello. Amico è tutto. È l'eternità». I versi sono tratti dalla canzone Amico del 1980. Renato con queste parole racchiude cosa significhi per lui l'amicizia. E lui un amico del cuore ce l'ha avuto. Si chiama Romolo. Ancora oggi vive lì alla Montagnola, il quartiere dove ha vissuto anche Renato dall'età dei 10 anni. Si conoscono da una vita. Sono cresciuti insieme. Nonostante oggi Renato fosse lo Zero nazionale, ancora è rimasto legato a Romolo. Si sentono spesso, nonostante gli impegni del cantante.
È proprio Romolo il protagonista di questo mio articolo. È stato da me intervistato ieri sera, in una piacevole chiaccherata.

Quanto segue è il resoconto del risultato della nostra conversazione.

A voi buona lettura!




Io e te lo stesso pensiero
di PASQUALE GEUSA

Aveva 10 anni Renato quando è andato a vivere alla Montagnola. Prima di finire le scuole elementari, però, ha vissuto nei pressi di Piazza di Spagna, a casa dei nonni materni. Il padre della mamma. Era falegname. Ma non un artigiano qualsiasi. Aveva lavorato addirittura presso la casa reale. A alla casa della madre non mancano intagli in legno ed opere degne di Sua Maestà.
Fatta questa premessa, una breve ricapitolazione. Renato è nato in via di Ripetta. Si è spostato a casa dei nonni materni. Poi è andato a vivere alla Montagnola, in via Fonte Buono n. 104. Qui si trova una palazzina, abitata da poliziotti. Tutti colleghi del papà di Renato.
Figlio di uno di questi poliziotti è Romolo. Classe 1949, è un anno più grande di Renato. Si conoscono dal 1960. Da 47 anni. Sono cresciuti insieme. Tanto che sostiene «di riconoscersi nella canzone Amico. Questo è avvenuto quando Renato ha fatto, nel 2006, il concerto al Palasport di Roma ed ha elencato tutti gli amici parlando di loro, senza, però, riferirne il nome. Quella è stata l’ultima volta che l’ho visto».
Hanno condiviso tutto: giochi, storie sentimentali, serate, locali da ballo, nottate…Anche i primi approcci nel mondo del lavoro.
Adesso un po’ di ordine, una cosa per volta.
Oggi in Via Fonte Buono, due isolati di strada, perpendicolare a Piazza Caduti della Montagnola, non manca nulla: bar, panetteria, tabacchi, ottica, profumeria, lavanderia, edicola, internet – point, merceria, negozio d’abbigliamento, … Si presenta agli occhi di chi la percorre per la prima volta un posto dove i residenti trovano sotto casa ogni cosa.
Ma negli anni Sessanta lo scenario era diverso. Oltre alla palazzina del 104 c’erano solo le “case gialle”, tutt’oggi presenti, e qualche attività commerciale. Per il resto era tutto un prato.
Qui Renato e Romolo, quando erano bambini, giocavano ai giochi di una volta. Niente figurine di Pokemon o Winnie the Pooh, o Playstation ultimo modello, ma tappi di bottiglia colorati e biglie.
Quella strada e quei Marciapiedi torneranno poi spesso nei testi del re dei sorcini.
Di strada ne ha fatta tanta Renato. In tutti i sensi. Di modo e di fatto.

Un'immagine di oggi della casa abitata da Renato


Soldi non ce ne erano. Ma la voglia di spostarsi non lo faceva arrendere. Allora eccolo con il suo amico Romolo a chiedere passaggi sulla Cristoforo Colombo. La meta preferita dei loro spostamenti era il Titan, un locale che si trovava in Via della Meloria, nei pressi di Piazzale degli Eroi, dalle parti del Vaticano. Tutt’oggi il locale esiste ancora. Non è più una pista da ballo, ma il pub Loran Club.
Qui Renato, insieme a Romolo, si incontrava anche con le sorelle Mimì (meglio nota con il nome di Mia Martini) e Loredana Berté. Allora Mimì ballava per Franco Estil.
Oltre al Titan c’era un altro locale, prima frequentato da Renato e Romolo. Si tratta del Vun Vun, nei pressi dell’EUR, dove agli inizi della loro carriera si esibivano i Pooh.
Un altro storico locale romano, il Piper, era da loro sì frequentato, ma solo ai tempi di Patty Pravo.
Oggi, Romolo, 58 anni, ricorda con entusiasmo e senza alcun pentimento quei momenti: «Eravamo due pazzi. Ci faceva ridere tutto. Qualsiasi cosa era divertente. Ci incontravamo di notte nei locali. Poi andavamo in Via del Corso a fare colazione. E ancora in giro di notte per Roma. Con noi c’era anche Loredana Berté. Facevamo ogni mattina le sei. Poi quando tornavamo a casa, io facevo una doccia e andavo a lavorare, mentre lui andava a dormire».
Salta di qua e balla di là, il cuore batteva forte. Le emozioni facevano sentire la loro voce. Anche l’amore. La sensibilità di Renato non rimaneva insensibile al fascino femminile. Così, verso i 18 anni, ecco il primo amore: Stefania. Bella ragazza, bionda, e innamoratissima di Renato. Abitava in Via Fontanellato, a circa 50 metri da casa sua.
Assieme a Renato e Stefania usciva anche Romolo, che allora aveva anche lui una ragazza. Giovani, pieni di entusiasmo a Renato, Romolo e Stefania non mancava la voglia di divertirsi e di scherzare. Complici la giovinezza, l'ingenuità e la spensieratezza non rifuggivano mai occasioni per farsi quattro risate. La storia con questa donna non durò a lungo.
Dopo Stefania, nella vita di Renato entra Patrizia. Questa ragazza, bionda, alta un metro e cinquanta, capelli ricci, abitava in Via Poggio Ameno. Con lei ci sono stati degli episodi curiosi.
Come quella volta che, Patrizia aveva da poco preso la patente, l’automobile si fermò in Piazza Venezia. Con lei, oltre a Renato naturalmente, c’era anche Romolo. Lasciarono lì il mezzo e tornarono alla Montagnola con l’autobus.
Un altro fatto è legato ad una festa da ballo in Piazza Euclide. Patrizia aveva indossato per l’occasione un abito damascato. Quando si era seduta sul divano si era confusa con il mobile. Renato e Romolo le hanno fatto notare che si notava solo la testa e le mani. Così hanno accompagnato Patrizia a casa affinché si cambiasse d’abito.
Dopo Patrizia, ecco, accanto a Renato, Lucy Morante, che lo accompagnerà per molti anni.
Oltre alle storie sentimentali, Romolo ha visto anche nascere, crescere e maturare artisticamente Renato.
Finite le scuole medie Renato si dedica esclusivamente alla sua grande passione: la musica. Era talmente preso dalle sette note che in camera sua voleva che il Do Re Mi Fa Sol La Si Do si esprimessero a volume alto. I genitori per questo si lamentavano. Ha fatto una dura gavetta, cominciando a scrivere canzoni per gli altri. Ha composto anche testi per i Vianella.
Verso i 18 – 20 anni è uscito fuori il Renato vestito in maniera trasgressiva e truccato. «In termini temporali siamo prima del David Bowie che appariva truccato» - riferisce Romolo. «Quindi non c’è, secondo me, un’influenza del cantante inglese». Aggiunge: «Tantissimi lo sfottevano per questo. Lui, però, era superiore e neanche li considerava. Anche i poliziotti che abitavano in quel condominio non lo guardavano di buon occhio». E conclude : «Comunque, presentandosi in quella maniera ha dato una svolta alla musica italiana. È stato quello che lo ha fatto emergere. Se è riuscito è perché ha lottato contro tutto e contro tutti».

martedì 12 giugno 2007

Mariella parla di Zero

Ecco a voi un ospite d'onore! A parlare di Renato interviene un'artista che lo accompagna e lo conosce benissimo: Mariella Nava.

Buona lettura!



di PASQUALE GEUSA


Quando ha conosciuto Renato Zero la prima volta?
«Nella casa discografica BMG in Roma di cui facevamo entrambi parte, agli inizi della mia carriera. Mi presentarono a lui dicendogli: "Ecco un’autrice nuova, brava, che ha già scritto per Morandi, Vanoni e De Crescenzo". La sua risposta fu: "E così me lo dite?"».

C’è un brano in particolare che l’ha spinta ad avvicinarsi a lui?
«Era già un mio amore musicale. Quindi, tanti. Però ricordo che La tua idea diventò un mio principio di vita!»

Cos’è che avvicina e accomuna in particolare Renato Zero e Mariella Nava, sia sul piano artistico che su quello umano?
«L’amore per la gente. Il bisogno di respirare la libertà in musica. Essere controcorrente. Il coraggio».

Cosa tiene presente, in particolare modo, quando scrive un brano per Renato Zero?
«Lui non lo sa, ma io lo osservo molto. Quindi ogni sua reazione, parola, il suo sguardo, il suo pensare…Ho tante cose scritte per lui nel cassetto, e sono sicura che sono le sue foto. Ma per pudore aspetto che sia lui a chiedermele».

Lei ha collaborato, oltre che con Zero, anche con altre due colonne della musica italiana come Gianni Morandi e Lucio Dalla. Cosa le ha fornito nel suo bagaglio artistico ognuna di queste tre collaborazioni?
«Morandi, la professionalità. Dalla, l’ironia. Zero ha aggiunto a queste due peculiarità, qualcosa di impagabile: la tenacia. Soprattutto in questo mio periodo».

Lei ha accompagnato Renato anche nel tour del 2006 per i palasport italiani, oltre che quest’anno per gli stadi. Secondo lei, c’è un diverso modo di esprimersi e di relazionarsi con il pubblico, da parte del cantante romano e anche da parte sua, a seconda della struttura in cui si tiene lo spettacolo?
«Entrare in uno stadio gremito di gente è un brivido irripetibile. Lo è per me che sono un’"intrusa" e non oso immaginare cosa possa essere per Renato che sa che tutta quella gente è lì per amore nei suoi confronti. Credo che ci si spenda ancora di più con l’anima per ripagarli di tutto quell’affetto e non si andrebbe mai via, se i quartieri non ti mettessero tare sui decibel e orari. Ahimè! Che tempi stretti per il “sentire” e per la “musica”!»

Per concludere, spostandosi da Roma ad altre città italiane, secondo lei, cambia il calore del pubblico nei confronti di Renato e dello spettacolo in generale?
«No, non ho mai sentito differenze in questo senso. Forse l’unica cosa è che mentre il pubblico del centro-nord è favorito dalla presenza dei molti spettacoli e concerti, quello del sud è sempre penalizzato. E quando finalmente arriva un beniamino, la festa è suprema e, a volte, la voglia di vivere da vicino il proprio mito, è incontenibile».
Vuole aggiungere qualcosa altro?
«Renato, ti prego, almeno una volta andiamo in Sardegna. Non è giusto che siano privati di te. Ti aspettano, lo so! Un bacio a tutti! E grazie!»
I vostri commenti
bellissima intervista, complimenti!!! E lei ottima autrice e...mi dà l'idea che sia una donna dolcissima!!!Brava Mariella e grazie a Pasquale per l'intervista!!!
Pikkolettazero
pubblicato da Pikkolettazero martedì 12 giugno alle ore 18:01

sabato 9 giugno 2007

Renatino va alla Montagnola

Ancora delle curiosità su Renato. Il seguente articolo parla del passaggio del bambino di via di Ripetta all'adolescente della Montagnola. Quanto qui riportato è basato sulla testimonianza di chi ha conosciuto Renato quando venne fuori il personaggio con i capelli lunghi, secco e con mantelli che arrivavano sino a terra. In seguito non mancheranno integrazioni.
Per il momento, buona lettura!
Renatino va alla Montagnola
di PASQUALE GEUSA
Dal centro in periferia. Renatino, con la sua famigliola, da Via di Ripetta, vicino piazza Cavour, è andato ad abitare alla palazzina di via Fonte Buono n. 104, nella zona della Montagnola.Spostandosi da un punto all’altro della capitale, con il tempo viene fuori un altro Renato. Quel bambino timido e riservato che giocava in piazza Ferro di Cavallo crescendo si trasforma.Alba, tre anni più grande di lui, ancora oggi vive in via Fonte Buono. Ha conosciuto Renato quando aveva 8-9 anni. Lei aveva un negozio di scarpe vicino ad una tabaccheria collocata al civico 115. Questo punto di rivendita di sigarette fu gestito dalla famiglia Fiacchini sino alla fine degli anni Sessanta. È stato lì che si sono conosciuti. Addirittura Renato l’ha vista conoscere, fidanzarsi e sposarsi con Bruno, che accanto al condominio di Renato aveva ed ha tuttora una panetteria. «Ricordo che già da piccolino andava in giro con un giradischi portatile ascoltando musica. Ascoltava e ballava di tutto. Quando entrava in panetteria mi faceva una testa tanta con tutto quel volume così alto». Alba ricorda con entusiasmo Renato, e sulla sua famiglia racconta: «Una famiglia molto allegra. Il padre marchigiano e la madre romana. Lei diceva di essere parente di Claudio Villa. Faceva Pica di cognome, come il cantante. E di questo ne andava fiera. Sfotteva spesso il marito dicendo: “Io so’ romana de Roma, mica come te che sei marchisgiano”. Ricordo che il padre, quando nel 1966 uscì il primo 45 giri di Renato [dal titolo Non basta sai NdA], venne a regalarmi una cassetta, che io conservo ancora». Poi, riguardo il suo look trasgressivo e i ragazzi del quartiere: «Andava in giro con i capelli lunghi e mantelli che arrivavano sino a terra. E truccatissimo. Molti per questo motivo lo prendevano in giro. Ma lui se ne infischiava, neanche rispondeva alle loro provocazioni. I genitori lo lasciavano fare. Non l’hanno mai ostacolato. Aveva un ottimo rapporto con loro. Papà e mamma sapevano quello che lui faceva». Ancora: «Era, ed è ancora, di un’educazione unica. Molto rispettoso veramente. Tuttora, nonostante il successo ottenuto, non si è montato mai la testa. È sempre rimasta una persona molto umile. L’anno scorso è venuto a trovarmi. Mi ha promesso una cena ed ancora aspetto. Devo aggiungere anche che se passa dal negozio e non mi trova torna indietro per cercarmi. Non passa dritto».Qui viene fuori un’altro Renato. Addirittura c’è chi lo vede andare in giro truccatissimo e con mantelli che gli arrivano fin sotto ai piedi. I colori preferiti dei suoi travestimenti sono il bianco, il rosso e il nero. Nel quartiere lo conoscevano tutti. E tutti lo prendevano in giro per il suo look stile kisch. Ma lui non si dava per vinto. Poi, a distanza di tempo, a qualcuno non pare ancora vero che quel ragazzo abbia fatto tanta strada. Il coraggio a Renato non è mai mancato. Certo però, anche a lui capitava qualche momento in cui si sentiva giù, in cui credeva di non farcela. «Tu un domani diventerai famoso Renato. Vedrai che parleranno tutti di te». E lui: «Magari Margherita. Magari...». Margherita, assieme al marito Franco Cordova gestiva un bar che ancora oggi si trova lì, all’angolo tra via Fonte Buono e via Fontanellato. Margherita, all’inizio aiutava anche economicamente Renato, quando aveva bisogno di soldi per i suoi tour. Quando Renato teneva i suoi spettacoli nel teatro tenda di via Cristoforo Colombo, lo faceva grazie all’aiuto di Franco Cordova. Quel tendone, infatti, era del circo di Liana Orfei, e Franco lavorava lì come barista. È stato grazie al suo intervento se Renato ha cominciato ad esibirsi. E Margherita, quando cominciarono a giungere i primi successi gli diceva: «Hai visto Renato? Che è come ti avevo detto». Patrizia, figlia di Franco e Margherita, che oggi gestisce il bar, ricorda: «I suoi spettacoli nel teatro-tenda erano qualcosa di eccezionale. Quando cantava Il cielo c’erano due ragazze che partivano dalle poltroncine in fondo e tiravano giù sino al palcoscenico un telone colorato d’azzurro e stellato. Poi dopo usciva lui. E poi indossava dei costumi truccatissimi che lui cambiava nel giro di due secondi e mezzo. Era velocissimo nel farlo».Parallela a via Fonte Buono, in via Badia di Cava, c’era un negozio di materiale elettrico, dove lavorava Franco Colafranceschi, oggi 62 anni, assieme al cognato. Colafranceschi ricorda con entusiasmo le gare pomeridiane in moto che faceva con il fratello di Renato, Giampiero. Ecco la sua testimonianza: «Anch’io da giovane portavo i capelli lunghi, ma lui, come estrosità esagerava. Andava sempre in giro truccato. Io allora seguivo con attenzione la cultura musicale anglo-americana e ricordo che c’erano dei gruppi i cui componenti erano truccatissimi, come i Kiss o Alice Cooper. Secondo si era un po’ ispirato a loro. Ricordo che Renato tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, mi chiese di andare in giro per l’Italia a suonare con lui. Io allora facevo chitarra e canto e suonavo a livello amatoriale con un gruppo. Non ero certo ai suoi livelli. E poi mi disse che andare in tournée con lui significava stare lontano da Roma almeno un mese o due. E come facevo io? A quei tempi mi era nata pure una bambina. Renato ai tempi di Zerolandia [1978 ndA] aveva pure piantato un tendone in Via Cristoforo Colombo». E poi svela una curiosità: «Ricordo che era molto tirchio. Quando doveva tenere i concerti veniva da me a comprare materiale elettrico: doppie spine, lampadine, prese, ecc... Poi metteva tutto in quelle scatole delle caramelle Sperlari che si facevano una volta e che avevano un lucchetto. Lo faceva perchè non voleva che i tecnici, quando alla fine degli spettacoli smontavano il palco perdessero qualcosa, e quindi lui doveva ricomprarla».Quest’ultimo particolare oltre a mettere in luce un retroscena della vita del cantante, ben sottolinea la differenza tra il Renato di un tempo e quello di oggi. Adesso è impensabile vedere Renato Zero che prima e dopo il suo concerto si interessi a controllare chi monta e smonta la strumentazione elettrica. Eppure un tempo lo faceva.

Via Fonte Buono


La casa di Renato


La tabaccheria dei Fiacchini come appare oggi

Il bar Cordova oggi