«Nella guerra dei numeri che speranze hanno i deboli». Queste parole sono tratte dalla canzone L’impossibile vivere. Sottolineano come vada avanti solo chi conta, chi ha delle capacità. Queste ultime possono essere economiche, sociali, fisiche, culturali. Eppure sulla faccia della terra esiste gente che ha bisogno di aiuto. Non può vivere senza ci sia nei suoi confronti l’amore del prossimo. E chi lo fa? Davvero tutti coloro che hanno la possibilità per poter venire incontro a questi poveracci fa qualcosa?
No, anzi…Esiste gente che pur di arricchirsi non esita a sfruttare chi si trova già in condizione di vita miserrime. Si arricchisce da parassita sulle spalle degli altri.
Questo per quanto riguarda coloro che vengono sfruttati.
Esiste poi gente che ha dei problemi fisici sin dalla nascita e non riesce a trovare un suo posto nel mondo senza l’intervento esterno di persone altruiste. In questo elenco possono essere inclusi i diversamente abili.
Però non tutto è perduto. C’è chi si ricorda del’esistenza di queste situazioni e non si risparmia in attenzioni e premure verso i più deboli.
Negli anni Settanta, Carlo diventa ventenne e Renato diventa il protagonista degli show che si tenevano nell'allora tendone a strisce sulla Via Cristoforo Colombo. Carlo, assieme ad un altro gruppo di ragazzi che abitavano allora nella famosa palazzina di poliziotti di via Fonte Buono al 104, diventa il gruppo di servizio d'ordine che si occupava della sicurezza durante gli spettacoli di Renato. Carlo, soprannominato anche Carlone, Papà e Il Sindaco per la sua prestanza fisica e per la sua indole autoritaria, ne era il responsabile. Di questo gruppo ogni tanto faceva parte anche Giampiero, il fratello di Renato, allora giovanissimo.
Siamo in un periodo di tempo che va dalla metà degli anni Settanta agli inizi degli anni Ottanta. Allora Renato girava l'Italia con questo tendone. E per questi giovanotti, che accompagnando l'artista romano mettevano in pratica la professione dei loro padri - anche se nell'équipe c'erano anche altri ragazzi che risiedevano nella Montagnola -, era uno spasso. Ricevevano circa 20 mila lire al giorno. Però la soddisfazione più grande non era il compenso economico ma la possibilità di girare l'Italia, alloggiare in alberghi, mangiare ai ristoranti e, soprattutto, di conoscere belle ragazze.
L'avventura itinerante, poi, ad un certo punto è finita, perché i tour di Renato cominciarono ad essere più stabili ed occorreva gente che in fatto di sicurezza aveva una certa competenza, e che non fosse improvvisata al momento.
Ma sempre vivi e attuali sono i ricordi di allora. Zero è solo il nome d'arte di Renato. Tanti però sono gli episiodi curiosi legati ai tour. Qui di seguito se ne riportano tre, collegati a tre capoluoghi regionali italiani. Nell'ordine sono Milano, Torino e Bologna.
Partiamo dal cuore della Lombardia. Anni fa Renato ha tenuto un concerto alla pista di ciclismo Vigorelli di Milano. Quella sera accadde qualcosa di increscioso. Di fronte al palcoscenico c'era uno spazio vuoto, poi le transenne e il pubblico antistante. Per la calca, una ragazza svenne, e Carlo e i ragazzi del servizio d'ordine cercavano di tirarla fuori dalla mischia. Un fotografo lì appostato cominciò a riprodurre la scena in scatti. Carlo intervenne dicendo che non era il caso. Il paparazzo disse che non se ne parlava affatto, che era lì per fare il suo lavoro. Carlone non ci vide più e gli diede uno schiaffo. Successe uno scandalo, e il fatto finì sui giornali.
Non finisce qui, il bello deve ancora venire. Dopo lo spettacolo, tutti a mangiare al ristorante. Qui
incontrarono Lucio Dalla, che stava lì con degli amici. Entrando, rivolto a Renato, disse scherzando: «Che bella gente che hai intorno». E Carlo rispose: «Saranno belle le scimmiette che ti porti dietro te».
Spostiamoci adesso a Torino. Un anno Renato tenne qui una settimana di spettacoli. Era inverno e quella sera faceva freddo. Tutti si scaldavano alle canzoni dell'artista romano. Lì presente era anche un gruppo di punk. Questi cominciarono a dare fastidio. Renato, allora, ad un certo punto, come se niente fosse, con la massima tranquillità, interruppe la canzone, si rivolse a Carlo e disse: «Carlo, gentilmente accompagna i signori all'ingresso e, considerato che non gradisconio lo spettacolo, fa loro rimborsare il biglietto». Quella notte si trovavano lì molti poliziotti, carabinieri e finanzieri. Tutti sorcini. Come sentirono quelle parole, subito si alzarono e provvederono loro stessi a portare fuori quei giovani turbolenti.
Un'altra chicca vede protagonista Giampiero Fiacchini. Renato ha tenuto uno spettacolo allo stadio dall'Ara di Bologna. Alla fine, Carlo, Giampiero e i ragazzi del servizio d'ordine erano attorno al cantante per impedire che si avvicinassero i fan che volevano toccarlo da tutte le parti. Essere sorcino, si sa vuol dire non solo apprezzare e ripetere le canzoni di Renato Zero, ma anche imitarne lo stile di vita. All'epoca Giampiero vestiva come il fratello maggiore. Addirittura indossava i suoi stessi costumi, che con il tempo Renato aveva messo da parte. Anche quella sera. Dei carabinieri lo scambiarono per un fan. Così lo portarono via di peso. A quel punto è intervenuto Carlo che ha detto: «No, no fermi. È il fratello di Renato Zero».
Renato è il fratello maggiore di sangue solo e soltanto di Giampiero. Ma anche Carlo e gli altri ragazzi vedevano lui come una guida nella vita. Un monito che ripeteva sempre loro era: «Meglio un bel bicchiere di vino rosso, magari Chianti, che qualsiasi tipo di droga».
Giunti verso la fine, concludiamo come abbiamo cominciato. Renato, finiti i contatti di natura professionale, è rimasto sempre legato a Carlo. A Natale, per esempio, portava dei panettoni e dei regali agli ammalati dell'ospedale del Bambin Gesù e della Fondazione Santa Lucia. Anzi, proprio in quest'ultimo Istituto, che si trova in Via Ardeatina, vicino a via Fosso Buono, c'è stata la ripresa del video della canzone Nei giardini che nessuno sa, dove, alla fine del filmato, si vede l'immagine di una sedia a ruote che va avanti da sola.
E poi, Carlo ha visto Renato per l'ultima volta appena due o tre mesi fa, in un ristorante che si trova nella zona di Testaccio, dove una sera si sono qui incontrati amici che abitavano tutti nella zona della Montagnola. Addirittura qui ha ritrovato anche gente che lui non vedeva da più di dieci anni.
La definizione dello Zero per Renato è risaputa. Nei suoi testi non mancano riferimenti a questo numero per parlare di coloro che solo da una società che porta avanti la bandiera dell'apparenza dell'ipocrisia sono definiti "zeri".
Però, a conoscerli bene hanno molta energia, entusiasmo e amore da trasmettere. Perché, allora, uccidere la magia di queste persone? Solo perché dietro quella maschera di "zeri" cosa c'è nessuno sa?
I vostri commenti
Grazie ancora a Pasquale per continuare a farci conoscere tanti episodi della vita di Renato!!! Quanto ho riso sulle "scimmiette" di Dalla!!! Grazie, grazie, grazie...bell'articolo, profondo e che fa riflettere! Sarebbe proprio da conoscere, il sig. Carlo...ci darebbe una lezione di vita, ne sono certa!
pubblicato da Laura il 6 luglio 2007 alle ore 16:54