venerdì 20 luglio 2007

A cena con Zero

Quanti darebbero chissà cosa per poterlo soltanto sfiorare. Figuriamoci poi per potergli stringere la mano. E quanti diavoli si arricchirrebbero per tutti coloro che vorrebbero parlargli.
Eppure con Renato c’è gente che riesce ad entrare in contatto senza problemi. Addirittura lo chiama tranquillamente al cellulare. Sì perché Renato, facendo la gavetta, con il passare del tempo ha cambiato il suo tenore di vita, ma sempre immutata è rimasta la sua fedeltà verso gli amici di un tempo.
«Nonostante la notorietà è rimasta sempre una persona molto disponibile. Ama sempre stare assieme ai vecchi amici. Tranne i momenti in cui si chiude in se stesso per comporre i suoi testi, gli piace sempre stare in mezzo alla gente». A parlare è Leonardo Starace, un tempo componente del servizio d’ordine di Renato Zero, coordinato da Carlo Di Giusto e Giampiero Fiacchini.
L'allora servizio d'ordine di Renato Zero

Nell'immagine, in basso il più a destra è Leonardo Starace. Mentre, partendo dall'alto, nella seconda fila, il più a destra è Carlo Di Giusto.



L’amicizia con Renato è nata nel 1979. Anche se artisticamente aveva cominciato a conoscerlo nel 1977, ai tempi di Zerofobia. Leonardo, classe 1960, è coetaneo e amico del fratello Giampiero. Da ragazzi giocavano insieme a pallone. È stato grazie a lui che ha conosciuto il cantante. Il modo in cui è entrato a far parte dello staff di Renato è casuale. Era il 1979, l’anno di Erozero, che conteneva, album che contiene anche la canzone Il carrozzone.
Leonardo, nato e vissuto a Testaccio, vide in giro manifesti del concerto che Renato Zero avrebbe tenuto nei pressi dello Stadio Olimpico. Così si recò a fare il biglietto. Ma nei quattro sportelli della biglietteria a forma di carrozzone non si trovava nessun tagliando. Così rimase male. Poi, tra gli spiragli della struttura vide Giampiero. Lo chiamò. E Leonardo riuscì ad entrare. Poi Giampiero stava facendo i conti per vedere se bastava il personale del servizio d’ordine. Si accorse che erano 14 e non 15. Così si aggiunse un altro elemento ai body guards di Renato. Il motivo della scelta è dovuto principalmente alla stazza di Leonardo. Per qualche chilo di troppo che aveva veniva paragonato ad Ollio, componente dello storico duo comico americano di cui faceva parte anche Stanlio.

Leonardo Starace con Renato Zero




Anche lui, come Carlo Di Giusto, ricorda episodi curiosi legati alle tournée con Renato. E non dimentica la storia dello schiaffo al fotografo a Milano. Un giornale riportava addirittura nella titolatura: “Il servizio d’ordine di Renato Zero: tutti picchiatori fascisti”.
Sempre a Milano ricorda che una volta, in un albergo nella zona Vigorelli, la notte i gorilla erano tutti in giro a fare le loro avventure sotto le lenzuola. Renato sentiva un trambusto. Così si alzò per andare a cercarli. Voleva loro bene come a una famiglia. Per lui erano tutti come dei fratelli.
Addirittura un anno, a Natale, voleva fare loro un regalo. All’inizio pensò di dare a ognuno di loro centomila lire. Ma poi pensò: “Se facessi così se li spenderebbero. E cosa rimarrebbe a loro?”. Così decise meglio di donare a ognuno di loro un triangolo d’oro con su scritto: “Renato Zero ti ama”.


Leonardo Starace con il triangolino d'oro regalato da Renato Zero



I rapporti professionali con Renato durarono sino al 1983, mentre pian piano Leonardo cercava di costruirsi la sua strada. Oggi ha un ristorante, sempre a Testaccio, in Via Galvani. Il nome rispecchia il soprannome del proprietario: “Da Oio a casa mia”.
Proprio qui Leonardo ha visto Renato l’ultima volta, in una sera a cena. Quella volta erano presenti tutti i componenti dell’allora servizio d’ordine. Insieme hanno mangiato e poi cantato al karaoke. Naturalmente non mancavano le canzoni preferite dai sorcini.
E Leonardo ha poi sentito di recente Renato, che lo ha invitato a passare qualche giorno alla sua residenza estiva.
Una testimonianza questa qui riportata di quanto l’artista romano creda fermamente nei valori dell’amicizia. E lo sottolinea anche in una sua celeberrima canzone con le parole: «Amico è bello, / amico è tutto è l'eternità... / E' quello che non passa mentre tutto va!»

sabato 7 luglio 2007

Negli zeri che nessuno sa

«Nella guerra dei numeri che speranze hanno i deboli». Queste parole sono tratte dalla canzone L’impossibile vivere. Sottolineano come vada avanti solo chi conta, chi ha delle capacità. Queste ultime possono essere economiche, sociali, fisiche, culturali. Eppure sulla faccia della terra esiste gente che ha bisogno di aiuto. Non può vivere senza ci sia nei suoi confronti l’amore del prossimo. E chi lo fa? Davvero tutti coloro che hanno la possibilità per poter venire incontro a questi poveracci fa qualcosa?
No, anzi…Esiste gente che pur di arricchirsi non esita a sfruttare chi si trova già in condizione di vita miserrime. Si arricchisce da parassita sulle spalle degli altri.
Questo per quanto riguarda coloro che vengono sfruttati.
Esiste poi gente che ha dei problemi fisici sin dalla nascita e non riesce a trovare un suo posto nel mondo senza l’intervento esterno di persone altruiste. In questo elenco possono essere inclusi i diversamente abili.
Però non tutto è perduto. C’è chi si ricorda del’esistenza di queste situazioni e non si risparmia in attenzioni e premure verso i più deboli.



Renato questo lo ha fatto sin dai primi ani in cui ancora cercava di segnare la sua strada. Basta guardare l’album Il trapezio per trovare la canzone Una sedia a ruote dove parla della situazione di chi è costretto su una sedia a rotelle.
Per non parlare poi, una volta diventato ricco e famoso di tutte le azioni di beneficienza da lui compiute – e su questo è difficile fare un calcolo considerando che anche lo stesso Renato è restìo a farsi pubblicità.
Al numero 104 di via Fonte Buono, alla Montagnola, c’era un ragazzo che oggi è l’allenatore della Santa Lucia Sport basket in carrozzina, gli attuali campioni d’Italia, e della Nazionale Italiana basket in carrozzina.
Si chiama Carlo Di Giusto, classe 1955. Considerata la differenza di età, da ragazzo aveva dei rapporti sporadici con Renato. Poi, però, una volta divenuto giovanotto, le loro frequentazioni sono diventate più numerose.
Negli anni Settanta, Carlo diventa ventenne e Renato diventa il protagonista degli show che si tenevano nell'allora tendone a strisce sulla Via Cristoforo Colombo. Carlo, assieme ad un altro gruppo di ragazzi che abitavano allora nella famosa palazzina di poliziotti di via Fonte Buono al 104, diventa il gruppo di servizio d'ordine che si occupava della sicurezza durante gli spettacoli di Renato. Carlo, soprannominato anche Carlone, Papà e Il Sindaco per la sua prestanza fisica e per la sua indole autoritaria, ne era il responsabile. Di questo gruppo ogni tanto faceva parte anche Giampiero, il fratello di Renato, allora giovanissimo.
Siamo in un periodo di tempo che va dalla metà degli anni Settanta agli inizi degli anni Ottanta. Allora Renato girava l'Italia con questo tendone. E per questi giovanotti, che accompagnando l'artista romano mettevano in pratica la professione dei loro padri - anche se nell'équipe c'erano anche altri ragazzi che risiedevano nella Montagnola -, era uno spasso. Ricevevano circa 20 mila lire al giorno. Però la soddisfazione più grande non era il compenso economico ma la possibilità di girare l'Italia, alloggiare in alberghi, mangiare ai ristoranti e, soprattutto, di conoscere belle ragazze.
L'avventura itinerante, poi, ad un certo punto è finita, perché i tour di Renato cominciarono ad essere più stabili ed occorreva gente che in fatto di sicurezza aveva una certa competenza, e che non fosse improvvisata al momento.
Ma sempre vivi e attuali sono i ricordi di allora. Zero è solo il nome d'arte di Renato. Tanti però sono gli episiodi curiosi legati ai tour. Qui di seguito se ne riportano tre, collegati a tre capoluoghi regionali italiani. Nell'ordine sono Milano, Torino e Bologna.
Partiamo dal cuore della Lombardia. Anni fa Renato ha tenuto un concerto alla pista di ciclismo Vigorelli di Milano. Quella sera accadde qualcosa di increscioso. Di fronte al palcoscenico c'era uno spazio vuoto, poi le transenne e il pubblico antistante. Per la calca, una ragazza svenne, e Carlo e i ragazzi del servizio d'ordine cercavano di tirarla fuori dalla mischia. Un fotografo lì appostato cominciò a riprodurre la scena in scatti. Carlo intervenne dicendo che non era il caso. Il paparazzo disse che non se ne parlava affatto, che era lì per fare il suo lavoro. Carlone non ci vide più e gli diede uno schiaffo. Successe uno scandalo, e il fatto finì sui giornali.
Non finisce qui, il bello deve ancora venire. Dopo lo spettacolo, tutti a mangiare al ristorante. Qui
incontrarono Lucio Dalla, che stava lì con degli amici. Entrando, rivolto a Renato, disse scherzando: «Che bella gente che hai intorno». E Carlo rispose: «Saranno belle le scimmiette che ti porti dietro te».
Spostiamoci adesso a Torino. Un anno Renato tenne qui una settimana di spettacoli. Era inverno e quella sera faceva freddo. Tutti si scaldavano alle canzoni dell'artista romano. Lì presente era anche un gruppo di punk. Questi cominciarono a dare fastidio. Renato, allora, ad un certo punto, come se niente fosse, con la massima tranquillità, interruppe la canzone, si rivolse a Carlo e disse: «Carlo, gentilmente accompagna i signori all'ingresso e, considerato che non gradisconio lo spettacolo, fa loro rimborsare il biglietto». Quella notte si trovavano lì molti poliziotti, carabinieri e finanzieri. Tutti sorcini. Come sentirono quelle parole, subito si alzarono e provvederono loro stessi a portare fuori quei giovani turbolenti.
Un'altra chicca vede protagonista Giampiero Fiacchini. Renato ha tenuto uno spettacolo allo stadio dall'Ara di Bologna. Alla fine, Carlo, Giampiero e i ragazzi del servizio d'ordine erano attorno al cantante per impedire che si avvicinassero i fan che volevano toccarlo da tutte le parti. Essere sorcino, si sa vuol dire non solo apprezzare e ripetere le canzoni di Renato Zero, ma anche imitarne lo stile di vita. All'epoca Giampiero vestiva come il fratello maggiore. Addirittura indossava i suoi stessi costumi, che con il tempo Renato aveva messo da parte. Anche quella sera. Dei carabinieri lo scambiarono per un fan. Così lo portarono via di peso. A quel punto è intervenuto Carlo che ha detto: «No, no fermi. È il fratello di Renato Zero».
Renato è il fratello maggiore di sangue solo e soltanto di Giampiero. Ma anche Carlo e gli altri ragazzi vedevano lui come una guida nella vita. Un monito che ripeteva sempre loro era: «Meglio un bel bicchiere di vino rosso, magari Chianti, che qualsiasi tipo di droga».
Giunti verso la fine, concludiamo come abbiamo cominciato. Renato, finiti i contatti di natura professionale, è rimasto sempre legato a Carlo. A Natale, per esempio, portava dei panettoni e dei regali agli ammalati dell'ospedale del Bambin Gesù e della Fondazione Santa Lucia. Anzi, proprio in quest'ultimo Istituto, che si trova in Via Ardeatina, vicino a via Fosso Buono, c'è stata la ripresa del video della canzone Nei giardini che nessuno sa, dove, alla fine del filmato, si vede l'immagine di una sedia a ruote che va avanti da sola.


E poi, Carlo ha visto Renato per l'ultima volta appena due o tre mesi fa, in un ristorante che si trova nella zona di Testaccio, dove una sera si sono qui incontrati amici che abitavano tutti nella zona della Montagnola. Addirittura qui ha ritrovato anche gente che lui non vedeva da più di dieci anni.
La definizione dello Zero per Renato è risaputa. Nei suoi testi non mancano riferimenti a questo numero per parlare di coloro che solo da una società che porta avanti la bandiera dell'apparenza dell'ipocrisia sono definiti "zeri".
Però, a conoscerli bene hanno molta energia, entusiasmo e amore da trasmettere. Perché, allora, uccidere la magia di queste persone? Solo perché dietro quella maschera di "zeri" cosa c'è nessuno sa?
I vostri commenti
Grazie ancora a Pasquale per continuare a farci conoscere tanti episodi della vita di Renato!!! Quanto ho riso sulle "scimmiette" di Dalla!!! Grazie, grazie, grazie...bell'articolo, profondo e che fa riflettere! Sarebbe proprio da conoscere, il sig. Carlo...ci darebbe una lezione di vita, ne sono certa!
pubblicato da Laura il 6 luglio 2007 alle ore 16:54

martedì 3 luglio 2007

Renato visto dall'Amico col cuore

Su Renato torna a parlare l'amico del cuore. E lo fa proprio con il cuore. In un'altra piacevole conversazione con Romolo sono uscite fuori altre novità riguardanti il cantante romano.
Gli spunti delle domande sono venuti dalla lettura dei testi delle sue canzoni. In un percorso lungo oltre trent'anni, iniziato nel 1973, Romolo parla di Renato Zero mettendo in evidenza molte peculiarità della sua personalità.
Le domande a lui proposte sono semplici ma dirette. Non seguono un ordine preciso negli argomenti. Sono così esposte per esigenze più che altro di curiosità da parte di chi le ha poste.
Un filo logico che qui si può trovare, però, è quello cronologico, partendo dall'album No!Mamma, no! del 1973 sino ad arrivare a Renatissimo del 2006.



RENATO E L’AMICO COL CUORE

di PASQUALE GEUSA

Ci parli della sua amicizia con Renato.
«L’amicizia con Renato era importante e lo è tuttora. La nostra amicizia era a livello fraterno, ci dicevamo tutto. Nella canzone Amico io mi riconosco soprattutto nel verso: «Io e te lo stesso pensiero». Mai litigato. Mai un diverbio. Ci si divertiva talmente tanto che non c’era tempo per pensare a discutere».

Come era la camera di Renato?
«La sua stanza era il suo regno. Era geloso di tutto e di tutti. Io ci sono entrato una volta sola. Era spaziosa circa 10-12 metri quadri. Entrando a destra si trovava un banco con un impianto stereo. A sinistra c’era lo stereo. Al centro lui con un paio di cuffie. La sua camera, a dispetto di quanti lo additano come trasgressivo e lascivo, era molto ordinata».

Ascoltava di più la musica italiana o la musica straniera?
«Ascoltava molta musica italiana. Però l’ispirazione gli veniva dalla musica straniera.
La sua musica non è stata imitata da nessun gruppo e da nessun singolo».

Parteggiava per i Beatles o per i Rolling Stones?
«Penso più per i Beatles».

Nel Sessantotto cosa contestava?
«Non ne ho idea. Noi contestavamo l’aborto, il divorzio…Lui non lo so».

Era un tipo che coglieva l’attimo?
«L’attimo cercava di coglierlo. Ma non l’ha fatto. Ha fatto la gavetta. L’ha colto dopo tanto tempo».

Stava con i piedi per terra?
«Alcune volte con i piedi per terra non ci stava. Però grazie a questo è riuscito a diventare quello».

Chi era la compagna di Renato nel 1974, l’ispiratrice della canzone Inventi?
«Giusy, una ragazza magrolina con un bel temperamento. Un bel carattere. Una gran simpatia».

Quando doveva fare una scelta era deciso o ci rifletteva su un po’?
«Era deciso. Ma non era istintivo. Ci pensava su un po’».

Considerata la profondità delle sue espressioni, quali erano le sue fonti di ispirazione?
«Ha imparato molto dalla gente che ha incontrato sui marciapiedi»

Spesso nelle sue canzoni ricorre il termine sgualdrina riferito alla donna? La pensava davvero così sul sesso femminile?
«No. Ha avuto sempre rispetto di tutte le persone. Piccoli, anziani. Ha sempre avuto molto rispetto per le persone anziane. Da ragazzino le aiutava a portare la spesa».

Quali le sue idee sul consumismo?
«Forse le vedeva come uno strumento di pagamento. C’è stato un periodo in cui lo chiamavano dappertutto».

Era un tipo che rischiava?
«Faceva l’autostop pure di notte. E a tutte le ore».

In che rapporti sta Renato con la solitudine?
«Ha riflettuto da solo ma fuori orario. Se gli toglievi la gente lo uccidevi. Girava tutti i negozi. Conosceva tutti».

Nella canzone Guai nei versi: «Guai!/A chi riesce ad ucciderti con un no.../Guai!/A chi ha deciso da sempre che non si può...», secondo lei si esprime di più Renato Fiacchini o Renato Zero?
«Renato Fiacchini».

C’erano dei posti o dei monumenti di Roma che lui nominava di frequente nei suoi discorsi?
«Piazza di Spagna».

Di solito cosa facevate nelle festività?
«Io le ho sempre passate con i miei. Certo la notte di San Silvestro, dopo la mezzanotte andavamo a ballare. Io frequentavo l’Angelo Azzurro un locale che tuttora si trova in via Cardinale Merry del Val. Andavo lì perché conoscevo l’allora proprietario. Ogni tanto veniva lì anche Renato».

Cosa rappresentavano per Renato il Sole e la Luna?
«Il Sole la luminosità, la carica, l’energia. La Luna il divertimento, forse, considerando che lui era un tipo che viveva la notte».

Nella canzone Il toro (1991) tramite le figure del toro e del torero sottolinea una sua visione al contrario dell’ipocrisia della società. Infatti, il torero prende i meriti sullo show del toro. Alla fine poi gli applausi sono per il torero e non per il toro che muore ammazzato. Ricorda qualche riferimento biografico in merito nella vita di Renato?
«Ha sempre avuto paura della morte. Questo potrebbe essere un’espressione della morte. Ma ne intravedo un altro: il periodo della gavetta. Lui, infatti, all’inizio era un po’ sfruttato».

Quali le caratteristiche fondamentali della donna di Renato Zero?
«L’allegria, la giovialità, l’apertura mentale. Ricordo che con Patrizia stavamo sempre a ridere. Come dicono le donne: “Cerco un uomo che mi faccia ridere”. Anche lui diceva “Cerco una donna che mi faccia ridere”».

Ricorda qualche episodio del Renato sensibile ed altruista?
«Il caffé lo pagava sempre lui. Quando stava alla tabaccheria regalava pure le sigarette agli amici».

Renato ha cantato anche alcuni testi in lingua straniera. Qual era la lingua straniera da lui preferita?
«Non aveva una lingua straniera preferita. Forse il francese perché più vicino all’italiano».

La trasgressività di Renato come si è evoluta nel tempo?
«È cambiata moltissimo. Se dicessi che è diventato più serio, direi una fesseria. L’ho incontrato tempo fa in Piazza Navona e indossava un cappellino dell’Aeronautica. È cambiato nel look ma non nella mentalità».

Chi erano i miti di Renato Zero?
«David Bowie».