Renato e Giampiero
di PASQUALE GEUSA
«Una presenza che doveva essere il diavolo. Oggi, dove hanno spacciato la musica e la droga insieme, lui si è rivelato l’opposto».
Comincia così Giampiero Fiacchini, parlando del fratello Renato. Giampiero è l’ultimo dei cinque figli dei coniugi Fiacchini. È dieci anni più piccolo di Renato. Ricapitolando, i coniugi Domenico e Ada, hanno visto venire al mondo in quest’ordine i loro “bambini”: Maria Pia, Fiorella, Enza, Renato e Giampiero.
Tornado a Renato e Giampiero, considerati i due lustri di differenza tra di loro, il più piccolo non può ricordare pedissequamente le tappe della vita del più grande, e dice: «Quando lui ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo, io andavo ancora alla scuola elementare. Allora i miei unici interessi erano i compiti e il gioco del pallone. E poi lui tornava tardi la sera a casa, verso le due o le tre, e io a quell’ora dormivo». Sul vincolo fraterno che li lega: «Il rapporto con mio fratello è sano. Non ci sono in mezzo interessi di denaro. Queste cose fanno male a chi è subordinato a certi fattori. Ci vediamo tranquillamente quando i ritmi di lavoro lo consentono».Il fratello maggiore è di esempio verso il minore. Così Renato per Giampiero. Quest’ultimo, in merito, racconta: «Io ho sempre apprezzato soprattutto quello che lui dà agli altri. Non in termini materiali, ma di sensazioni. Lo dimostra tutta la gente che lo ascolta nei concerti ed il calore che emana nei suoi confronti. Il fatto, poi, che alla fine dei concerti piangesse dimostra che è uno che va sino in fondo». Passando poi da Renato Zero, a parlare di Renato Fiacchini: «L’ho visto fare beneficenza: andare a trovare portatori di handicap, anziani, drogati… Io mio fratello lo stimo soprattutto per questo. Al di là dei rapporti familiari. Al di là della persona che ha successo. Chiunque abbia un minimo di sentimento non può non apprezzarlo per questo».
Sul rapporto tra vita pubblica e vita privata del cantante: «Vedo che vorrebbe essere una persona normale. È chiaro che non lo può essere. Non può andare in giro a fare shopping senza essere riconosciuto. Sono in tantissimi a fermarlo per strada. A volte, poi, per lo stress, manda qualcuno a quel paese».
Infine, per concludere, Giampiero fa un confronto tra il Renato prima del successo e il Renato che è diventato lo Zero nazionale: «Quando usciva di casa capivo che c’era una sorta di presa in giro, una sorta di ilarità. Poi da quando ha cominciato ad andare in televisione, le cose sono cambiate».
domenica 24 giugno 2007
Renato e il fratello Giampiero
sabato 16 giugno 2007
Io e te lo stesso pensiero
Io e te lo stesso pensierodi PASQUALE GEUSA
Aveva 10 anni Renato quando è andato a vivere alla Montagnola. Prima di finire le scuole elementari, però, ha vissuto nei pressi di Piazza di Spagna, a casa dei nonni materni. Il padre della mamma. Era falegname. Ma non un artigiano qualsiasi. Aveva lavorato addirittura presso la casa reale. A alla casa della madre non mancano intagli in legno ed opere degne di Sua Maestà.
Fatta questa premessa, una breve ricapitolazione. Renato è nato in via di Ripetta. Si è spostato a casa dei nonni materni. Poi è andato a vivere alla Montagnola, in via Fonte Buono n. 104. Qui si trova una palazzina, abitata da poliziotti. Tutti colleghi del papà di Renato.
Figlio di uno di questi poliziotti è Romolo. Classe 1949, è un anno più grande di Renato. Si conoscono dal 1960. Da 47 anni. Sono cresciuti insieme. Tanto che sostiene «di riconoscersi nella canzone Amico. Questo è avvenuto quando Renato ha fatto, nel 2006, il concerto al Palasport di Roma ed ha elencato tutti gli amici parlando di loro, senza, però, riferirne il nome. Quella è stata l’ultima volta che l’ho visto».
Hanno condiviso tutto: giochi, storie sentimentali, serate, locali da ballo, nottate…Anche i primi approcci nel mondo del lavoro.
Adesso un po’ di ordine, una cosa per volta.
Oggi in Via Fonte Buono, due isolati di strada, perpendicolare a Piazza Caduti della Montagnola, non manca nulla: bar, panetteria, tabacchi, ottica, profumeria, lavanderia, edicola, internet – point, merceria, negozio d’abbigliamento, … Si presenta agli occhi di chi la percorre per la prima volta un posto dove i residenti trovano sotto casa ogni cosa.
Ma negli anni Sessanta lo scenario era diverso. Oltre alla palazzina del 104 c’erano solo le “case gialle”, tutt’oggi presenti, e qualche attività commerciale. Per il resto era tutto un prato.
Qui Renato e Romolo, quando erano bambini, giocavano ai giochi di una volta. Niente figurine di Pokemon o Winnie the Pooh, o Playstation ultimo modello, ma tappi di bottiglia colorati e biglie.
Quella strada e quei Marciapiedi torneranno poi spesso nei testi del re dei sorcini.
Di strada ne ha fatta tanta Renato. In tutti i sensi. Di modo e di fatto.Un'immagine di oggi della casa abitata da Renato
Soldi non ce ne erano. Ma la voglia di spostarsi non lo faceva arrendere. Allora eccolo con il suo amico Romolo a chiedere passaggi sulla Cristoforo Colombo. La meta preferita dei loro spostamenti era il Titan, un locale che si trovava in Via della Meloria, nei pressi di Piazzale degli Eroi, dalle parti del Vaticano. Tutt’oggi il locale esiste ancora. Non è più una pista da ballo, ma il pub Loran Club.
Qui Renato, insieme a Romolo, si incontrava anche con le sorelle Mimì (meglio nota con il nome di Mia Martini) e Loredana Berté. Allora Mimì ballava per Franco Estil.
Oltre al Titan c’era un altro locale, prima frequentato da Renato e Romolo. Si tratta del Vun Vun, nei pressi dell’EUR, dove agli inizi della loro carriera si esibivano i Pooh.
Un altro storico locale romano, il Piper, era da loro sì frequentato, ma solo ai tempi di Patty Pravo.
Oggi, Romolo, 58 anni, ricorda con entusiasmo e senza alcun pentimento quei momenti: «Eravamo due pazzi. Ci faceva ridere tutto. Qualsiasi cosa era divertente. Ci incontravamo di notte nei locali. Poi andavamo in Via del Corso a fare colazione. E ancora in giro di notte per Roma. Con noi c’era anche Loredana Berté. Facevamo ogni mattina le sei. Poi quando tornavamo a casa, io facevo una doccia e andavo a lavorare, mentre lui andava a dormire».
Salta di qua e balla di là, il cuore batteva forte. Le emozioni facevano sentire la loro voce. Anche l’amore. La sensibilità di Renato non rimaneva insensibile al fascino femminile. Così, verso i 18 anni, ecco il primo amore: Stefania. Bella ragazza, bionda, e innamoratissima di Renato. Abitava in Via Fontanellato, a circa 50 metri da casa sua.
Assieme a Renato e Stefania usciva anche Romolo, che allora aveva anche lui una ragazza. Giovani, pieni di entusiasmo a Renato, Romolo e Stefania non mancava la voglia di divertirsi e di scherzare. Complici la giovinezza, l'ingenuità e la spensieratezza non rifuggivano mai occasioni per farsi quattro risate. La storia con questa donna non durò a lungo.
Dopo Stefania, nella vita di Renato entra Patrizia. Questa ragazza, bionda, alta un metro e cinquanta, capelli ricci, abitava in Via Poggio Ameno. Con lei ci sono stati degli episodi curiosi.
Come quella volta che, Patrizia aveva da poco preso la patente, l’automobile si fermò in Piazza Venezia. Con lei, oltre a Renato naturalmente, c’era anche Romolo. Lasciarono lì il mezzo e tornarono alla Montagnola con l’autobus.
Un altro fatto è legato ad una festa da ballo in Piazza Euclide. Patrizia aveva indossato per l’occasione un abito damascato. Quando si era seduta sul divano si era confusa con il mobile. Renato e Romolo le hanno fatto notare che si notava solo la testa e le mani. Così hanno accompagnato Patrizia a casa affinché si cambiasse d’abito.
Dopo Patrizia, ecco, accanto a Renato, Lucy Morante, che lo accompagnerà per molti anni.
Oltre alle storie sentimentali, Romolo ha visto anche nascere, crescere e maturare artisticamente Renato.
Finite le scuole medie Renato si dedica esclusivamente alla sua grande passione: la musica. Era talmente preso dalle sette note che in camera sua voleva che il Do Re Mi Fa Sol La Si Do si esprimessero a volume alto. I genitori per questo si lamentavano. Ha fatto una dura gavetta, cominciando a scrivere canzoni per gli altri. Ha composto anche testi per i Vianella.
Verso i 18 – 20 anni è uscito fuori il Renato vestito in maniera trasgressiva e truccato. «In termini temporali siamo prima del David Bowie che appariva truccato» - riferisce Romolo. «Quindi non c’è, secondo me, un’influenza del cantante inglese». Aggiunge: «Tantissimi lo sfottevano per questo. Lui, però, era superiore e neanche li considerava. Anche i poliziotti che abitavano in quel condominio non lo guardavano di buon occhio». E conclude : «Comunque, presentandosi in quella maniera ha dato una svolta alla musica italiana. È stato quello che lo ha fatto emergere. Se è riuscito è perché ha lottato contro tutto e contro tutti».
martedì 12 giugno 2007
Mariella parla di Zero

di PASQUALE GEUSA
Quando ha conosciuto Renato Zero la prima volta?
«Nella casa discografica BMG in Roma di cui facevamo entrambi parte, agli inizi della mia carriera. Mi presentarono a lui dicendogli: "Ecco un’autrice nuova, brava, che ha già scritto per Morandi, Vanoni e De Crescenzo". La sua risposta fu: "E così me lo dite?"».
C’è un brano in particolare che l’ha spinta ad avvicinarsi a lui?
«Era già un mio amore musicale. Quindi, tanti. Però ricordo che La tua idea diventò un mio principio di vita!»
Cos’è che avvicina e accomuna in particolare Renato Zero e Mariella Nava, sia sul piano artistico che su quello umano?
«L’amore per la gente. Il bisogno di respirare la libertà in musica. Essere controcorrente. Il coraggio».
Cosa tiene presente, in particolare modo, quando scrive un brano per Renato Zero?
«Lui non lo sa, ma io lo osservo molto. Quindi ogni sua reazione, parola, il suo sguardo, il suo pensare…Ho tante cose scritte per lui nel cassetto, e sono sicura che sono le sue foto. Ma per pudore aspetto che sia lui a chiedermele».
Lei ha collaborato, oltre che con Zero, anche con altre due colonne della musica italiana come Gianni Morandi e Lucio Dalla. Cosa le ha fornito nel suo bagaglio artistico ognuna di queste tre collaborazioni?
«Morandi, la professionalità. Dalla, l’ironia. Zero ha aggiunto a queste due peculiarità, qualcosa di impagabile: la tenacia. Soprattutto in questo mio periodo».
Lei ha accompagnato Renato anche nel tour del 2006 per i palasport italiani, oltre che quest’anno per gli stadi. Secondo lei, c’è un diverso modo di esprimersi e di relazionarsi con il pubblico, da parte del cantante romano e anche da parte sua, a seconda della struttura in cui si tiene lo spettacolo?
«Entrare in uno stadio gremito di gente è un brivido irripetibile. Lo è per me che sono un’"intrusa" e non oso immaginare cosa possa essere per Renato che sa che tutta quella gente è lì per amore nei suoi confronti. Credo che ci si spenda ancora di più con l’anima per ripagarli di tutto quell’affetto e non si andrebbe mai via, se i quartieri non ti mettessero tare sui decibel e orari. Ahimè! Che tempi stretti per il “sentire” e per la “musica”!»
Per concludere, spostandosi da Roma ad altre città italiane, secondo lei, cambia il calore del pubblico nei confronti di Renato e dello spettacolo in generale?
«No, non ho mai sentito differenze in questo senso. Forse l’unica cosa è che mentre il pubblico del centro-nord è favorito dalla presenza dei molti spettacoli e concerti, quello del sud è sempre penalizzato. E quando finalmente arriva un beniamino, la festa è suprema e, a volte, la voglia di vivere da vicino il proprio mito, è incontenibile».
Vuole aggiungere qualcosa altro?«Renato, ti prego, almeno una volta andiamo in Sardegna. Non è giusto che siano privati di te. Ti aspettano, lo so! Un bacio a tutti! E grazie!»I vostri commentibellissima intervista, complimenti!!! E lei ottima autrice e...mi dà l'idea che sia una donna dolcissima!!!Brava Mariella e grazie a Pasquale per l'intervista!!!Pikkolettazeropubblicato da Pikkolettazero martedì 12 giugno alle ore 18:01
sabato 9 giugno 2007
Renatino va alla Montagnola
Renatino va alla Montagnola
di PASQUALE GEUSA
Dal centro in periferia. Renatino, con la sua famigliola, da Via di Ripetta, vicino piazza Cavour, è andato ad abitare alla palazzina di via Fonte Buono n. 104, nella zona della Montagnola.Spostandosi da un punto all’altro della capitale, con il tempo viene fuori un altro Renato. Quel bambino timido e riservato che giocava in piazza Ferro di Cavallo crescendo si trasforma.Alba, tre anni più grande di lui, ancora oggi vive in via Fonte Buono. Ha conosciuto Renato quando aveva 8-9 anni. Lei aveva un negozio di scarpe vicino ad una tabaccheria collocata al civico 115. Questo punto di rivendita di sigarette fu gestito dalla famiglia Fiacchini sino alla fine degli anni Sessanta. È stato lì che si sono conosciuti. Addirittura Renato l’ha vista conoscere, fidanzarsi e sposarsi con Bruno, che accanto al condominio di Renato aveva ed ha tuttora una panetteria. «Ricordo che già da piccolino andava in giro con un giradischi portatile ascoltando musica. Ascoltava e ballava di tutto. Quando entrava in panetteria mi faceva una testa tanta con tutto quel volume così alto». Alba ricorda con entusiasmo Renato, e sulla sua famiglia racconta: «Una famiglia molto allegra. Il padre marchigiano e la madre romana. Lei diceva di essere parente di Claudio Villa. Faceva Pica di cognome, come il cantante. E di questo ne andava fiera. Sfotteva spesso il marito dicendo: “Io so’ romana de Roma, mica come te che sei marchisgiano”. Ricordo che il padre, quando nel 1966 uscì il primo 45 giri di Renato [dal titolo Non basta sai NdA], venne a regalarmi una cassetta, che io conservo ancora». Poi, riguardo il suo look trasgressivo e i ragazzi del quartiere: «Andava in giro con i capelli lunghi e mantelli che arrivavano sino a terra. E truccatissimo. Molti per questo motivo lo prendevano in giro. Ma lui se ne infischiava, neanche rispondeva alle loro provocazioni. I genitori lo lasciavano fare. Non l’hanno mai ostacolato. Aveva un ottimo rapporto con loro. Papà e mamma sapevano quello che lui faceva». Ancora: «Era, ed è ancora, di un’educazione unica. Molto rispettoso veramente. Tuttora, nonostante il successo ottenuto, non si è montato mai la testa. È sempre rimasta una persona molto umile. L’anno scorso è venuto a trovarmi. Mi ha promesso una cena ed ancora aspetto. Devo aggiungere anche che se passa dal negozio e non mi trova torna indietro per cercarmi. Non passa dritto».Qui viene fuori un’altro Renato. Addirittura c’è chi lo vede andare in giro truccatissimo e con mantelli che gli arrivano fin sotto ai piedi. I colori preferiti dei suoi travestimenti sono il bianco, il rosso e il nero. Nel quartiere lo conoscevano tutti. E tutti lo prendevano in giro per il suo look stile kisch. Ma lui non si dava per vinto. Poi, a distanza di tempo, a qualcuno non pare ancora vero che quel ragazzo abbia fatto tanta strada. Il coraggio a Renato non è mai mancato. Certo però, anche a lui capitava qualche momento in cui si sentiva giù, in cui credeva di non farcela. «Tu un domani diventerai famoso Renato. Vedrai che parleranno tutti di te». E lui: «Magari Margherita. Magari...». Margherita, assieme al marito Franco Cordova gestiva un bar che ancora oggi si trova lì, all’angolo tra via Fonte Buono e via Fontanellato. Margherita, all’inizio aiutava anche economicamente Renato, quando aveva bisogno di soldi per i suoi tour. Quando Renato teneva i suoi spettacoli nel teatro tenda di via Cristoforo Colombo, lo faceva grazie all’aiuto di Franco Cordova. Quel tendone, infatti, era del circo di Liana Orfei, e Franco lavorava lì come barista. È stato grazie al suo intervento se Renato ha cominciato ad esibirsi. E Margherita, quando cominciarono a giungere i primi successi gli diceva: «Hai visto Renato? Che è come ti avevo detto». Patrizia, figlia di Franco e Margherita, che oggi gestisce il bar, ricorda: «I suoi spettacoli nel teatro-tenda erano qualcosa di eccezionale. Quando cantava Il cielo c’erano due ragazze che partivano dalle poltroncine in fondo e tiravano giù sino al palcoscenico un telone colorato d’azzurro e stellato. Poi dopo usciva lui. E poi indossava dei costumi truccatissimi che lui cambiava nel giro di due secondi e mezzo. Era velocissimo nel farlo».Parallela a via Fonte Buono, in via Badia di Cava, c’era un negozio di materiale elettrico, dove lavorava Franco Colafranceschi, oggi 62 anni, assieme al cognato. Colafranceschi ricorda con entusiasmo le gare pomeridiane in moto che faceva con il fratello di Renato, Giampiero. Ecco la sua testimonianza: «Anch’io da giovane portavo i capelli lunghi, ma lui, come estrosità esagerava. Andava sempre in giro truccato. Io allora seguivo con attenzione la cultura musicale anglo-americana e ricordo che c’erano dei gruppi i cui componenti erano truccatissimi, come i Kiss o Alice Cooper. Secondo si era un po’ ispirato a loro. Ricordo che Renato tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, mi chiese di andare in giro per l’Italia a suonare con lui. Io allora facevo chitarra e canto e suonavo a livello amatoriale con un gruppo. Non ero certo ai suoi livelli. E poi mi disse che andare in tournée con lui significava stare lontano da Roma almeno un mese o due. E come facevo io? A quei tempi mi era nata pure una bambina. Renato ai tempi di Zerolandia [1978 ndA] aveva pure piantato un tendone in Via Cristoforo Colombo». E poi svela una curiosità: «Ricordo che era molto tirchio. Quando doveva tenere i concerti veniva da me a comprare materiale elettrico: doppie spine, lampadine, prese, ecc... Poi metteva tutto in quelle scatole delle caramelle Sperlari che si facevano una volta e che avevano un lucchetto. Lo faceva perchè non voleva che i tecnici, quando alla fine degli spettacoli smontavano il palco perdessero qualcosa, e quindi lui doveva ricomprarla».Quest’ultimo particolare oltre a mettere in luce un retroscena della vita del cantante, ben sottolinea la differenza tra il Renato di un tempo e quello di oggi. Adesso è impensabile vedere Renato Zero che prima e dopo il suo concerto si interessi a controllare chi monta e smonta la strumentazione elettrica. Eppure un tempo lo faceva.Via Fonte BuonoLa casa di RenatoLa tabaccheria dei Fiacchini come appare oggiIl bar Cordova oggi
giovedì 7 giugno 2007
Renato, partiamo da Zero
Renato, partiamo da Zerodi PASQUALE GEUSAIn Italia c’è uno zero che ha un nome: Renato. È uno Zero che canta, balla e trasmette brividi ed emozioni. Può considerarsi un caso unico nel panorama musicale italiano. Trasgressivo. Contro corrente. Ma allo stesso tempo dolce e sensibile. Dal 1973, anno in cui è uscito il suo primo album No! Mamma, no! ha collezionato successo dopo successo. E il pubblico lo acclama e numeroso si reca ai suoi concerti. Da oltre 30 anni è sulla cresta dell’onda. E ieri? Come era Renato prima di giungere al tanto sognato e sudato successo?Per rispondere a queste domande cominciamo dall’inizio.Era l’ultimo giorno di settembre del 1950. Precisamente sabato 30. Siamo a Roma, nel cuore della capitale, a pochi passi da piazza Cavour. Nello specifico a Via di Ripetta n. 54. Qui, si trova un palazzo di proprietà dell’ospedale San Giacomo. In questa struttura venivano accolti, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, coloro che, in seguito ai danni e alle distruzioni che l’evento ha comportato, si erano ritrovati senza un tetto. Ormai la guerra era finita da cinque anni e l’Italia stava attraversando una fase di ripresa. Il paese si doveva ricostruire, e a livello politico, sociale, culturale ed economico si mirava a questo obiettivo.Il 1950 si inquadra in questo contesto. In quella data, in quella costruzione, nasce un bambino ai coniugi Fiacchini. Lui si chiama Domenico e fa il poliziotto. Lei si chiama Ada ed è casalinga. È il primo maschietto per la coppia. Si accende una luce di gioia in quell’appartamento, situato in uno stabile dove c’era gente che aveva conosciuto profondo e perenne dolore in seguito alla tragedia planetaria di 5 anni prima.Ma torniamo a parlare di questo fiocco azzurro. Il nome che viene scelto per lui è Renato. Ma, per mamma Ada, il suo pargoletto è Renatino. "Renatino, Renatino!" – gridava dal balcone la donna che lo ha portato in grembo nove mesi quando lo voleva chiamare per farlo rientrare a casa. E lui, senza reclamare o chiedere di restare ancora un po’ in strada a giocare con gli amici, obbediva prontamente. Era un bambino molto dolce ed educato. Anche molto timido. Quando dal suo palazzo scendeva per andare a giocare con i suoi coetanei ai giardinetti di Piazza Ferro di Cavallo, stava sempre in disparte rispetto agli altri bambini. «Era molto attaccato alla mamma» racconta Carla Donati, dieci anni più grande di lui, che aveva una cartoleria in via di Ripetta al civico 65, di fronte a quest’area di giochi per piccini, verso la direzione di Ponte Cavour per chi si dirige dal numero 54. «Ogni volta che lui scendeva, la mamma lo chiamava subito per farlo entrare». A testimonianza della timidezza di Renatino, Floriana, che ha una tintoria di fronte a Piazza Ferro di Cavallo, racconta: «Mia madre, che era un po’ più grande di lui, una volta mi ha raccontato che, quando erano piccoli, in un'occasione era intervenuta per difenderlo da alcuni ragazzini che lo stavano picchiando».In via di Ripetta Renatino ha abitato sino agli inizi degli anni Sessanta. Poi l’ospedale del San Giacomo si allargò per istituire il reparto di Ortopedia e i Fiacchini dovettero cambiare casa trasferendosi alla Montagnola.«Per il tempo che l’ho conosciuto era un ragazzino molto tranquillo. Vestiva come tutti i maschietti della sua età: maglietta e pantaloncini» racconta sempre Carla Donati. «Era difficile capire se già a quell’età aveva cominciato ad interssarsi alla musica, perchè, a causa della sua timidezza, non si sentiva mai cantare in pubblico».Oggi, in Via di Ripetta, nel luogo in cui c’era la casa natale di Renato c’è l’Ospedale San Giacomo. Addirittura non c’è neanche traccia di quel numero 54. Però non manca in Renato la voglia di tornare al suo luogo d’origine. «Dopo che è diventato il Renato Zero che tutti conosciamo, è venuto due volte a trovarmi in cartoleria: una negli anni Ottanta e l’altra negli anni Novanta. In quest’ultima visita voleva del materiale dalla mia cartoleria per realizzare la scenografia di un video. E poi ci teneva molto a vedere come era cambiata, da quando se ne era andato, negli anni, Via di Ripetta».Via di Ripetta
La casa dove è nato RenatoPiazza Ferro di Cavallo
I vostri commentibella Zerostoria davvero, un piacere leggerla perché si sente che è scritta con passione... spero che continuerai! Bravo!!!Laurapostato da Laura mercoledì 6 giugno alle ore 22:58Ciao Pasquale, molto toccante la tua prima Zerocronistoria, non un freddo e banale elenco di date ma un contrappunto delicato nella Roma "pasoliniana" di quegli anni. Spero continui così, in modo che venga fuori il vero artista, e non il fatuo personaggio da rotocalchi d'infimo livello.Danielapostato da Daniela mercoledì 6 giugno 2007 alle ore 21:31